Il condizionatore usa più energia quando raffredda o quando riscalda? La risposta ti sorprenderà

Quando si parla del consumo energetico di un condizionatore in modalità raffreddamento rispetto a quella riscaldamento, molte persone restano sorprese nel scoprire che la funzione riscaldamento tende a usare più energia. Questa differenza è spesso sottovalutata per via del principio di funzionamento apparentemente analogo, ma i dettagli tecnici e i fattori ambientali possono modificare notevolmente il bilancio energetico annuale della climatizzazione domestica.

Come funziona il condizionatore: riscaldamento e raffreddamento

Il cuore di ogni climatizzatore è la pompa di calore. Il circuito utilizza un gas refrigerante, che cambiando di stato secondo i principi della termodinamica, sottrae o rilascia energia termica dall’ambiente interno o esterno tramite un ciclo di scambio di calore. La direzione di questo ciclo determina se il sistema produrrà aria fredda (raffrescamento) o aria calda (riscaldamento).

Durante il raffreddamento, il condizionatore sottrae calore dall’interno dell’abitazione e lo cede all’esterno; nel riscaldamento, il processo si inverte: il calore viene prelevato dall’aria esterna e trasportato all’interno. Per entrambe le modalità il sistema impiega compressori, evaporatori, condensatori e ventilatori, ma la resa ed il consumo dipendono fortemente dalle condizioni esterne, in particolare dalla temperatura dell’aria.

Differenze di consumo tra raffreddamento e riscaldamento

Dal punto di vista energetico, il consumo in modalità riscaldamento tende ad essere superiore rispetto alla modalità raffreddamento, soprattutto in ambienti con temperature esterne rigide.Quando le temperature esterne scendono sotto i 5-7°C, l’estrazione del calore dall’esterno diventa molto meno efficiente. Questo obbliga l’apparecchio a lavorare più intensamente, fino ad attivare resistenze elettriche supplementari, quando disponibili, o addirittura a richiedere l’integrazione di un generatore a gas almeno nelle configurazioni più avanzate e meno recenti.

Nel caso del raffreddamento, invece, la richiesta di energia è generalmente più bassa perché:

  • il trasferimento di calore avviene da un ambiente interno spesso più caldo rispetto all’esterno;
  • con adeguate schermature e isolamenti, si può migliorare molto l’efficienza;
  • il ciclo frigorifero funziona in modo continuo senza ostacoli dovuti a basse temperature.

Nei mesi estivi, quindi, il condizionatore lavora in condizioni ambientali meno estreme rispetto ai mesi più freddi di inverno.

Dati pratici sul consumo annuale

Per avere un quadro più realistico, è fondamentale valutare i consumi medi annui in funzione delle modalità d’uso.

Considerando due tipici condizionatori (uno da 9.000 BTU e uno da 12.000 BTU), il consumo annuo per raffrescamento in una famiglia media italiana oscilla intorno ai 320-450 kWh, con una spesa annuale che va da 96 a 300 euro solamente per la funzione freddo.

Quando i medesimi apparecchi sono sfruttati invece in riscaldamento, il consumo può arrivare fino a 800-950 kWh annui, con un costo che sale a circa 525 euro annui. La differenza di consumo, quindi, si attesta facilmente sopra il doppio o il triplo rispetto alla modalità di raffrescamento.

Consumo medio orario e variabilità

I condizionatori moderni di classe A++ utilizzati in riscaldamento consumano tra i 300 e i 600 watt all’ora in condizioni climatiche miti, ma quando la temperatura esterna scende sotto i 7°C l’efficienza cala drasticamente e il consumo aumenta. In modalità raffreddamento, invece, gli stessi apparecchi registrano sovente valori minori e più costanti, con un minor impatto sulle bollette energetiche.

Un parametro utile per valutare la “bontà energetica” di un condizionatore è il COP (Coefficient of Performance): odora tanto più efficiente è il sistema quanto più elevato è questo valore. Sviluppatori e produttori tendono a fornire COP più alti per il raffrescamento rispetto al riscaldamento, proprio per via della maggiore semplicità di estrazione del calore interno.

Fattori che influenzano il consumo

Il carico energetico effettivo (e di conseguenza l’impatto sulla bolletta) dipende da molteplici fattori, tra cui:

  • Efficienza e classe energetica dell’apparecchio;
  • Dimensione dell’ambiente da riscaldare o raffreddare;
  • Isolamento termico dell’edificio;
  • Abitudini d’uso (durata giornaliera, temperature impostate);
  • Temperatura esterna, che incide soprattutto sulla modalità riscaldamento.

L’ottimizzazione del condizionatore passa anche per l’uso di schermature solari, corretto ricambio d’aria e manutenzione degli impianti per evitare dispersioni o cali d’efficienza.

La vera “sorpresa”: perché il riscaldamento consuma così tanto?

Molti utenti ritengono che la modalità riscaldamento debba essere equiparabile al raffrescamento in termini di consumo, dato che il ciclo meccanico e il sistema sono gli stessi. Invece, la vera ragione per cui durante l’inverno il condizionatore consuma di più è nella difficoltà di estrarre calore dall’aria fredda esterna. Quando l’aria fuori è vicina o sotto lo zero, l’apparecchio deve compiere uno sforzo energetico notevole per prelevare abbastanza energia da poter mantenere le stanze confortevoli. Non solo: quando non è più sufficiente la sola pompa di calore, vengono attivati sistemi aggiuntivi (resistenze elettriche o integrazione con sistemi a gas), che aumentano a dismisura il consumo elettrico.

La sorprendente realtà è che, proprio grazie alle condizioni ambientali estive meno penalizzanti per il ciclo del condizionatore, raffrescare una stanza comporta spesso un impegno energetico minore rispetto al riscaldamento, anche con gli stessi apparecchi.

Le moderne tecnologie stanno comunque migliorando l’efficienza dei climatizzatori invernali, ma resta fondamentale valutare il tipo di impianto, il livello di coibentazione della casa e i costi per kWh della propria fornitura elettrica, specialmente in aree geografiche caratterizzate da inverni particolarmente freddi.

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